Muoversi 4 2022
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RASSEGNA STAMPA

Presentiamo una rassegna stampa sull’attualità delle ultime settimane.

29 luglio 2022, Angela Zoppo – Intervista a Claudio Spinaci

“L’emergenza gas non aspetta le elezioni”

“Sulle questioni energetiche non si può perdere più tempo, né farne terreno di scontro ideologico”. La preoccupazione di Claudio Spinaci, Presidente dell’Unem che avverte come ci sono troppi nodi da sciogliere.

Sta suggerendo che ci si metta mano in campagna elettorale?

“Sì, altrimenti alcuni dossier rischiano di avere risposte quando sarà troppo tardi. Penso all’Isab di Priolo, raffineria italiana che fa capo alla Lukoil, società russa esente da sanzioni. L’Isab dipende al 100% dal greggio russo perché le banche per una questione di over compliance non danno accesso al credito. Ma che succederà dopo il 5 dicembre quando finirà la deroga per gli acquisti dalla Russia?”

E gli altri nodi che non possono attendere il nuovo governo?

“La questione degli extra-profitti, misura giusta nel merito ma iniqua nel metodo per il nostro settore. Non si possono paragonare i volumi del quarto trimestre 2020 e primo trimestre 2021, con l’Italia frenata dalla pandemia, a quelli del quarto trimestre 20201-primo trimestre 2022. Senza contare che a far salire il fatturato sono soprattutto le accise che gonfiano il fatturato. L’altra preoccupazione è il rinnovo dei contratti gas, che le raffinerie usano in grandi quantità”.

Temete razionamenti con i tagli al gas russo?

“Il ministro Cingolani è tornato da Bruxelles parlando di un taglio massimo del 7% e con l’assicurazione che il downstream petrolifero non sarà toccato, in quanto strategico. Però restano le incognite su cosa farà Gazprom e quanto sarà freddo l’inverno. Non sono esclusi razionamenti più drastici”.

Come vi state muovendo?

Siamo in costante contatto con il Comitato tecnico di emergenza, lo aggiorniamo sul nostro fabbisogno. Intanto stiamo riducendo al massimo il metano, spostandoci verso i gas di raffineria nel rispetto dei limiti emissivi. L’impennata dei prezzi spinge verso altri combustibili”.

29 agosto 2022, Davide Tabarelli

“Prezzi dell’energia sempre più alti e non è finita: famiglie e imprese ormai alle corde”

La sfida autunnale alle porte sarà quella di riuscire a calmierare gli aumenti esponenziali dei costì di gas ed elettricità che stanno mettendo alle corde famiglie e imprese. Ma il rischio è che sia la recessione a mettere un freno ai rincari.

Era l’agosto2021 e i mercati cominciavano a prendere sul serio le avvisaglie degli americani circa un’anomala concentrazione di truppe russe al confine con l’Ucraina. Impossibile, diceva la gran parte degli analisti in Europa e anche oggi l’invasione del 24 febbraio ha dell’incredibile. Invece, è tutto vero. I prezzi del gas erano schizzati a 27 euro/MWh e sembrava uno shock dopo i minimi di 6 euro del maggio 2020, in piena pandemia. In questi giorni abbiamo superato i 320 euro e gli stessi mercati, che ci avevano un po’ preso, sono tacciati di speculazione, del resto normale quando le quotazioni salgono di oltre dieci volte in meno di un anno. Due anni fa quando i produttori, fra cui Gazprom, si lamentavano che non riuscivano a coprire i costi, nessuno parlava di speculazione.

La spinta è poi aggravata dalla scarsa liquidità del meccanismo di fissazione dei prezzi. Trader tedeschi, inglesi, olandesi, tutti uniti assieme all’industria del gas norvegese e olandese, hanno avuto fino a oggi facile gioco nell’ostacolare qualsiasi tipo di idea circa un tetto al prezzo del gas. A questo si è aggiunta la Commissione europea che da anni si affida solo all’associazione dei regolatori dei mercati, Acer, caratterizzata da una sorta di integralismo circa l’incontestabile efficienza dei mercati, fra cui quello dei Ttf. Ormai potrebbe essere tardi anche per parlare di un tetto, visto che l’idea è partita quando eravamo a 80 euro e fissarlo ora è un po’ complicato visto che Norvegia, Olanda, i nostri vicini poco attenti, oltre ad Algeria, Azerbaijan, Qatar e Stati Uniti dovrebbero rinunciare a decine di miliardi di ricavi che noi andremo a pagare nei prossimi mesi e che ci causeranno, se così continua, una pesante recessione.

13 settembre, Andrea Bassi – Intervista a Claudio Spinaci

“Diesel più costoso della verde per la corsa alle scorte E con l’embargo sarà peggio”

Il prezzo alla pompa del diesel ha superato quello della benzina. Un fenomeno inedito per gli automobilisti italiani, da sempre abituati alla “verde” più cara del gasolio Cosa sta succedendo? «In realtà», spiega Claudio Spinaci, presidente dell’Unem, l’Unione energie per la mobilità, questo fenomeno non è nuovo». È già accaduto? «Normalmente in questa parte dell’anno, la domanda di benzina per la mobilità privata tende a calare, mentre quella del gasolio ad aumentare visto ¡I suo impiego non solo nel trasporto ma anche nel riscaldamento ed in alcuni casi, anche se limitati, per la produzione di energia elettrica. Ma in tempi normali questa situazione non è percepita». Perché nessuno se ne è mai accorto finora? «Perché il differenziale di prezzo tra i due prodotti poteva raggiungere i 3-4 centesimi di euro per litro, a favore del gasolio, e veniva più che compensato dagli 11 centesimi in meno di accisa che gravano su questo prodotto». Che cosa sta succedendo invece oggi? «Oggi il delta tra i due prodotti è arrivato a superare i 20 centesimi di euro al litro. Questa situazione si è venuta a creare per la minore disponibilità di gasolio dovuta in larga parte al venir meno delle importazioni russe, da cui l’Europa dipende per circa il 30% del suo fabbisogno. E stiamo parlando di 25 milioni di tonnellate all’anno, e da una sorta di corsa all’acquisto». Una corsa all’acquisto? «Sì, per assicurarsi le forniture di gasolio necessarie ad affrontare il periodo invernale. Tanto più in previsione di doverlo utilizzare anche per usi industriali nel caso di interruzione o raziona mento nelle forniture di gas ed energia elettrica, come propone in parte anche il piano di contenimento dei consumi del gas pubblicato qualche giorno fa dal Mite. Tutto ciò fa sì che le tensioni sui mercati internazionali siano concentrate soprattutto sul gasolio».

15 settembre 2022, Alberto Clô

“Più costi che benefici nel taglio dei prezzi dell’energia per le famiglie”

Il Governo italiano, come la maggior parte di quelli europei, ha impegnato enormi risorse, e ancor più lo farà, per ridurre per famiglie e imprese i prezzi di gas ed elettricità aumentati in un anno di dieci volte. Lo ha fatto anche per i carburanti nonostante i loro prezzi non siano gran che aumentati, all’opposto di quel che si decise dopo il 1973 quando si impedì l’uso dell’auto. Se, sotto il profilo sociale, questa politica è comprensibile, non lo è sotto quello economico, con effetti che potrebbero causare più costi che benefici. Il modo più brutale ma più efficace per combattere gli alti prezzi sono, ahimè, gli alti prezzi. Riducendoli, ritenendo che i mercati non siano più razionali, si sussidiano i consumi, aumentandone nel caso del gas le importazioni. Se i prezzi interni vengono ridotti si esercita in sostanza una pressione sull’offerta internazionale di gas e quindi sui suoi prezzi, data l’inelasticità a breve dell’offerta per la mancanza di capacità produttiva inutilizzata. Un effetto tanto maggiore se i sussidi vengono garantiti in modo indistinto a tutti indipendentemente dal livello di reddito e capacità di spesa.

Sussidiare i consumatori e il loro consumo di energia è esattamente l’opposto di quel si vorrebbe ottenere con il Piano di contenimento dei consumi deciso nel nostro paese o con quello deliberato nel Piano “Save Gas for a Save Winter” dalla Commissione europea, Dall’inizio dell’anno i consumi di gas in Italia sono diminuiti intorno al 2,5 per cento. Per conseguire gli obiettivi del Piano questo calo dovrà accelerare sino al 7 per cento. In conclusione: ogni azione che attenui l’incentivo a contenere i consumi si traduce in maggiori importazioni e maggiori prezzi. Una spirale che si avvita su sé stessa.

9 ottobre 2022, Antonio Satta – Intervista a Claudio Spinaci

“Crisi a secco di benzina. Senza lo stabilimento siciliano di Lukoil viene meno il 20% del mercato”

«Negli ultimi vent’anni», è la sua ricostruzione, «il tema dell’energia è stato affrontato solo sotto la spinta di una qualche emergenza e non con la necessaria programmazione che la nostra condizione di Paese dipendente dalle importazioni richiederebbe. Errore grave perché per noi approvvigionamento e sicurezza energetica sono necessità vitali. Le conseguenze non solo le vediamo oggi, per effetto della guerra tra Russia e Ucraina, ma ci avevano già colpito a metà del 2021, quando i prezzi del gas erano già saliti alle stelle per effetto dell’aumento della domanda legata alla ripresa post-pandemica, evento non certo imprevedibile”.

L’Europa, però, con Il Fit for 55 ha già fatto la scelta di una decarbonizzazione accelerata che prevede, per esempio, l’addio ai motori a combustione interna già dal 2035.

“Nessuno di noi contesta l’importanza della decarbonizzazione e degli obiettivi ambientali ma l’idea che ci sia una sola tecnologia. Nel campo della mobilità per la UE non c’è alternativa all’elettrico, mentre anche l’industria fossile ha soluzioni per ridurre al minimo le emissioni di CO2. Noi chiediamo quindi diversificazione e gradualità in un percorso condiviso”.

Dal 5 dicembre scatta l’embargo al petrolio russo e a febbraio quello ai prodotti. Che rischi corriamo visto che la Russia è un importante fornitore anche per l’Italia?

“Sul petrolio il nostro sistema di raffinazione è più flessibile e ha superato crisi più pesanti come quelle irachena e libica. Ci approvvigioniamo dalla Russia solo per un 10-15% non avremo difficoltà a trovare altri fornitori. L’unico problema che abbiamo riguarda l’Isab di Priolo, società italiana controllata da LuKoil gruppo che non è colpito dalle sanzioni dirette ma che, essendo russo, dal 5 dicembre non avrà accesso al credito, una condizione che per eccesso di cautela (la cosiddetta over compliance) è stata estesa anche alla controllata italiana. Da tempo abbiamo chiesto al governo di trovare una soluzione, ma ancora non abbiamo ricevuto risposte e ormai siamo veramente all’ultimo miglio. Se il 5 dicembre si dovessero bloccare gli impianti di Priolo gli effetti sarebbero gravissimi. Non c’è in ballo solo il 20% della raffinazione italiana, ma l’economia stessa di Siracusa e della Sicilia».

10 ottobre 2022, Diego Longhin

“La contromossa dell’automotive. La Ue apra alla benzina sintetica”

Il costo attuale? Alto, molto alto. Per produrne un solo litro si spenderebbero più di 3 euro. E se dovesse arrivare alla pompa di benzina il prezzo salirebbe tra i 4 e i 5 euro. Non solo. Una delle materie prime necessarie per creare la benzina sintetica, che per alcuni rappresenta una possibilità ulteriore oltre all’elettrico per la mobilità dopo il 2035, costa da 4 a 7 euro al chilo. Si tratta dell’idrogeno verde, quello che si ottiene sfruttando le energie rinnovabili per l’elettrolisi dell’acqua, decomponendola in idrogeno e ossigeno, attraverso il passaggio di corrente elettrica. «Attenzione però, già nel 2030, e ancor più nel 2035, il prezzo alia produzione sarà molto più basso se si continuerà con ricerca e sviluppo» dice chi questi dati li snocciola senza preoccupazione, ovvero Franco Del Manso, di unem.

E il carburante sintetico quanto si potrebbe pagare in futuro? «Oggi il costo è elevato e strettamente correlato al costo della generazione elettrica da fonti rinnovabili, che può raggiungere un terzo del costo totale, e si aggira intorno ai 2-3 euro al litro. La realizzazione delle economie di scala lo porterebbero sotto i 2 euro al 2030 e attorno a 1 euro al 2050». Del Manso non è un talebano degli idrocarburi: la mobilità elettrica avrà uno spazio importante nel futuro, ma non potrà essere l’unica soluzione: «Bisogna studiare altri tipi di alimentazione, il carburante sintetico oppure i biocarburanti». E «anche se l’elettrico prenderà piede, rimarranno in circolazione un miliardo di auto nel mondo e 300 milioni in Europa. Come si alimenteranno? Vogliamo diminuire le emissioni di CO2 anche per chi non cambierà auto? Il motore tradizionale deve rimanere, altrimenti le società non avranno economie di scala nello sviluppo di soluzioni complementari all’elettrico».